La mia storia
“Se n’è andata una gamba ma non la voglia di vivere ogni giorno della mia Vita al massimo delle mie possibilità”
SCRIVIMI: info@andreadevicenzi.it
Sono nato a Cremona il 18 Luglio 1973.
All’età di 17 anni, in seguito ad un incidente stradale in sella alla mia moto, perdo per sempre la mia gamba sinistra.
Pratico sport dall’età di 5 anni: calcio, ciclismo, triathlon e cammini.
Oggi sono Performance Coach e Formatore Esperienziale.
Amo lavorare con le persone e guidarle passo a passo al raggiungimento dei propri obiettivi e performance migliori.
Svolgo incontri in aziende, squadre sportive e scuole.
La mia Mission è supportare le persone nel riscoprire dentro di sé le proprie Risorse e portarle nella vita di tutti i giorni in ogni attività.
Nel 2010 sono stato il primo amputato di gamba della storia a raggiungere in sella ad una bici, la vetta del KardlungLa in India, a quota 5.602 metri.
Nel 2011 ho partecipato e concluso l’Olimpiade delle Randonnèe, la Parigi/Brest/Parigi, primo amputato della storia a concluderla sotto il tempo massimo di 80 ore, in 72 ore e 42 minuti.
Nel 2012 vinco la medaglia di bronzo ai Campionati Europei di Paratriathlon in Israele, affrontando la fase di corsa con le stampelle.
Nel 2013 con la maglia della Nazionale di Paratriathlon, vinco in Turchia la medaglia d’argento ai Campionati Europei di Triathlon.
Nel 2014 decido di intraprendere la carriera di Performance Coach & Formatore Esperienziale, dedicandomi alla crescita ed al miglioramento delle perfomance delle persone.
Nel 2016 in Perù, affronto per la prima volta un’avventura in completa solitaria, 1.200 chilometri in sella alla mia bici da Lima a Cusco e con le mie inseparabili stampelle #katana i 42 chilometri dell’Inca Trail in 4 giorni nelle Ande per raggiungere il sito archeologico del Machu Picchu.
Nel 2018 ho fondato laDueDue srl, un’azienda dedicata alla produzione di ausili medici per migliorare le performance di atleti e la vita di tutti i giorni delle persone.
Trent’anni di esperienza in un unico progetto, grazie alla collaborazione di aziende leader in ogni settore, per realizzare e produrne una tipologia al momento inesistente sul mercato.
Sempre nel 2018 percorro con la mia gamba e le mie stampelle i 500 chilometri della Via di Francesco, dal Santuario de La Verna fino a Roma in 22 giorni.
Nel 2019, raddoppio la sfida dell’anno precedente, percorrendo i 1.000 chilometri sempre a piedi della Via Francigena del Nord dalla Valle d’Aosta fino a Roma.
Nel 2020, percorro i 930 chilometri della Via Postumia da Grado a Genova, attraversando a “piede” 6 regioni e le zone maggiormente colpite dalla Pandemia Covid-19.
Nel 2021, costituiscono l’ASD/APS “Cammino del Po” che mi vede in prima persona coinvolto nella realizzazione di un percorso di oltre 600 chilometri dal Monviso fino al Delta a fianco del Grande Fiume Po.
Aprile 2022, mi attende l’Islanda. Oltre 2.000 chilometri per circumnavigarla in sella alla mia bici tra vulcani, guyser e natura incontaminata, alla scoperta delle sue terre e della sua gente, raccogliendo storie di resilienza, coraggio e successo.
………………stay tuned
COACH & FORMATORE
ATLETA PARAMPICO
SPEAKER MOTIVAZIONALE
PROGETTO 22
IMPRENDITORE
La mia storia
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La mia unica esperienza in cammino prima di questa, fu quella in Perù nei 4 giorni dell’Inca Trail per raggiungere il Machu Picchu. Giorni difficilissimi alla partenza da La Verna in cui le mani mi hanno messo a dura prova ed allo stesso tempo consapevolizzato che ciò che stavo utilizzando, andava assolutamente migliorato. In compagnia di Andrea e Simone arrivo nel primo pomeriggio ad Assisi dove ad attendermi c’era Paolo e Pietro, amici fraterni. Mi fermo una giornata per godermi questa splendida città e riposare le mani. Clicca a sinistra/destra le frecce e leggi la mia STORIA SCRIVIMI a info@andreadevicenzi.it
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L’inverno tra il 2017 e 2018 è appena passato, portando con se cambiamenti importanti. Mesi in cui giungo alla decisione di rallentare la mia attività sportiva. Non come ore o intensità di allenamento, perché di quello oramai sono dipendente, ma dal punto di vista della velocità. Accantono momentaneamente il ciclismo per avvicinarmi ai cammini. Oramai l’offerta è davvero ampia, anche qui nel nostro paese, oppure all’estero con il cammino di santiago. Decido però di rimanere in Italia ed a giugno 2018, parto dal Santuario de La Verna per percorrere fino ad Assisi e poi a Roma in 20 giorni, il Cammino di San Francesco. Clicca a sinistra/destra le frecce e leggi la mia STORIA SCRIVIMI a info@andreadevicenzi.it
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Sono a metà di questa straordinaria esperienza ma l’obiettivo raggiunto è da sogno. Eccomi arrivato a Capo Nord. Francamente, fino a qualche mese neanche era tra i miei sogni. Ora mi ritrovo qui e qualche centinaia di chilometri più avanti, la Groenlandia. Ora si prosegue in direzione Italia, percorrendo i paesi dell’est d’europa, felice di aver toccato questo risultato. Clicca a sinistra/destra le frecce e leggi la mia STORIA SCRIVIMI a info@andreadevicenzi.it
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Siamo oramai partiti da oltre 4.000 chilometri ed attraversato ben 8 stati. Francamente non c’è stato tempo e nemmeno esperienza nel preparare e studiare attentamente il percorso, perciò ogni giorno può essere una sorpresa, nel capitare in un luogo che conosco solo quando ci sono arrivato, oppure, curiosato poco prima sul web. Così è stato per il TrollsTigen, o meglio, per questa conosciutissima e ambita salita. Nulla di trascendentale e difficoltà, ma l’averla percorsa e poterla poi ammirare dall’alto, penso mi abbia fatto innamorare ancor di più questo sport, il ciclismo. Clicca a sinistra/destra le frecce e leggi la mia STORIA SCRIVIMI a info@andreadevicenzi.it
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2017, un altro anno in cui continua la mia formazione e crescita personale, tra partecipazione a corsi e letture. Un anno in cui vedo concretizzarsi un sogno e vedere le mie principali passioni unirsi; ciclismo, formazione, coaching e viaggi. La meta è Capo Nord! 17 Stati d’Europa, 11.000 chilometri in 20 giorni. Con me un ragazzo (evito di citarne il nome per ovvi motivi di riservatezza anche se altrove si può trovare), anch’esso vittima di un incidente stradale con conseguente amputazione dell’arto inferiore. La mia esperienza diretta e conoscenze lo guideranno a saltare molti passaggi e perdere meno tempo di quello che ho fatto io. Clicca a sinistra/destra le frecce e leggi la mia STORIA SCRIVIMI a info@andreadevicenzi.it
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Sempre di più mi appassiona ed affascina il mondo del coaching. Supportare e guidare le persone che si affidano a me per la propria crescita, superare difficoltà o/e migliorare le proprie performance. Un percorso che ti “obbliga” ad uno studio e miglioramento continuo, che richiede tempo, sforzi ed energie, ma che ti accompagna ad una vita sempre migliore. Continuerò a ringraziare quel momento in cui presi la decisione di svolgere questa professione, convinto che in ognuno/a di noi, a qualsiasi età e qualsiasi sia il livello raggiunto nei vari ambiti della vita, dentro di noi rimanga sempre qualcosa di bello da conoscere. Clicca a sinistra/destra le frecce e leggi la mia STORIA SCRIVIMI a info@andreadevicenzi.it
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Fin da quando ero piccolo, rimanevo affascinato nel vedere in tv queste macchine che sfrecciavano su questi circuito fantascientifici. Fino a quando, ho avuto la possibilità di poterci correre con la mia due ruote. 12 ore, dalle 20 alle 8 del mattino successivo, in cui dover percorrere più giri possibili per aggiudicarsi la vittoria. Non ho vinto il primo podio, essendo tra l’altro l’unico amputato di gamba della manifestazione, ma porterò con me e per sempre questa incredibile esperienza. Clicca a sinistra/destra le frecce e leggi la mia STORIA SCRIVIMI a info@andreadevicenzi.it
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Arrivo con la forza delle mie braccia e delle mie mani, sul Machu Picchu. Con sveglia alle cinque del mattino, partiamo dopo poco mezz’ora nel buio più totale. Con a fianco una guida locale, dopo tre ore di cammino giungiamo alla base del sito. Ne seguiranno altre 4 in cui mi spiegherà pietra per pietra questo meraviglioso e controverso luogo. Ognuno per ciò che ha studiato ed in base alla propria curiosità, si è fatta una idea di come possa essere stato costruito. Potendolo vedere da vicino e toccarlo, la mia opinione trova ancora più fondamenti per credere che non sia stato costruito dagli Inca, ma da popolazioni precedenti. Clicca a sinistra/destra le frecce e leggi la mia STORIA SCRIVIMI a info@andreadevicenzi.it
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Dopo anni in cui le competizioni internazionali nel paratriathlon hanno occupato la mia vita sportiva, nell’inverno del 2016 vengo ispirato nuovamente alle avventure in giro per il mondo. Viaggio con la mente e scelgo infine una meta che fino a quel momento rimaneva nei miei sogni, il Perù. Inizialmente pensata per due persone, alla rinuncia del secondo, parto in giugno per la mia prima impresa in solitaria. Emozionante pedalare per le strade di Lima, poi a fianco dell’oceano Pacifico ed infine sulle alture delle Ande. Incontri spettacolari e tanta tanta fatica, sommata alla inesperienza in tutto questo, arriva alla meta dopo 1.300 chilometri in bici e 50 a piedi. Clicca a sinistra/destra le frecce e leggi la mia STORIA SCRIVIMI a info@andreadevicenzi.it
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Il 2015 è stato tra tutti gli altri, un anno di transizione. La rinuncia al percorso olimpico si è fatta sentire ed ho dedicato quasi tutto l’anno al mio recupero e capire a cosa dedicarmi nello sport. Poi nasce per caso, ad un tratto, la sfida a cui non puoi dire di no. La scalata alla montagna senza vetta, L’Etna in Sicilia. Così iniziano i preparativi per questa nuova sfida di una giornata ma nell’insieme abbastanza complesso per me, in quel momento. Circa 60 chilometri con la mountain bike con 3,000 metri di dislivello. Al mio fianco da Martignana di Po, l’amico Sam e sua sorella Raffaella che lo scaleranno dai 2.000 a piedi. Ad attendermi ad Acitrezza, il gruppo di amici della Modica Triathlon Bike. Salita, sudore, sofferenza e trionfo nel toccare la vetta. Clicca a sinistra/destra le frecce e leggi la mia STORIA SCRIVIMI a info@andreadevicenzi.it
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Mi innamoro del publick speaking, cioè di parlare in pubblico. Mi accorgo di essere a volte impacciato, di non avere tutto sotto controllo, di commettere tanti errori, ma quando si concede a se stessi la possibilità di sbagliare ed il tempo per poter imparare, tutto cambia. Il desiderio è di imparare e di farlo nel miglior modo possibile. Approfondire un tema significa pian piano conoscerne tutti i dettagli e ti accorgi che il percorso non sarà breve ma che ci sarà comunque un continuo e costante miglioramento. Mi iscrivo ad un corso di alcune giornate legato al “parlare in pubblico”, compro un metodo per migliorare l’utilizzo della voce, studio comunicazione e scopro quanto sia importante come muoversi sul palco, solamente che tutti insegnano a chi a due gambe. Dunque? In questo aspetto dovrò metterci molto “del mio”, volontà, coraggio, errori e prove. Il viaggio si fa sempre più entusiasmante. Clicca a sinistra/destra le frecce e leggi la mia STORIA SCRIVIMI a info@andreadevicenzi.it
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Nasce nella mia testa Progetto 22, dedicato ai giovani delle scuole di tutta Italia. Un progetto che per quanto potesse sembrare impossibile da raggiungere, mi porterà nei successivi 5 anni ad incontrare direttamente negli istituti di tutta Italia oltre 70.000 giovani. Pilastro fondamentale del progetto, la riscoperta delle proprie RISORSE. Resilienza, Amore, Passione, Determinazione, Volontà, che se messe in pratica con COSTANZA ci possono guidare verso traguardi incredibili. Negli incontri, dopo il racconto della mia storia e parlato di difficoltà ma anche e soprattutto di rivincita, porto esempi di come le barriere mentali possono limitare le nostre potenzialità, racconto strumenti per poter lavorare sulla propria autostima, abbandonare pensieri negativi, costruire e raggiungere obiettivi, ecc… Oltre 400 incontri uno differente dall’altro, con il pc sempre al mio fianco, per rispondere alle loro domande e dubbi. Sorrisi, interesse, riflessioni, domande. Clicca a sinistra/destra le frecce e leggi la mia STORIA SCRIVIMI a info@andreadevicenzi.it
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Coltivo parallelamente gli studi nella formazione, l’attività semi-professionistica nello sport e lavoro nell’azienda siderurgica. Situazioni che mi portano a sentire qualcosa di diverso dentro. Durante i corsi sento storie, leggo frasi, ascolto esempi di quanto poco importi l’età che hai, ma che ancora più importante è ciò che senti dentro ed hai voglia di dimostrare a te stesso di voler raggiungere. Cambia il mio ambiente, le persone che frequento, visito posti nuovi, mi confronto con gente che ha raggiunto grandi traguardi pur superando prove difficilissime. La mia mente si espande, avverto che a 40 anni possono ancora esistere molte possibilità, perciò pianifico il licenziamento ed appena avverto che il treno che mi sta passando a fianco è quello giusto, lascio il posto fisso. Clicca a sinistra/destra le frecce e leggi la mia STORIA SCRIVIMI a info@andreadevicenzi.it
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Sempre più spesso vengo contattato da formatori ed aziende per raccontare la mia esperienza ma soprattutto gli strumenti messi in campo per superare la mia disabilità, utili a loro nel proprio lavoro. Una disabilità trasformata in diversità e successivamente in unicità. Inizio a conoscere tante persone di ogni età e mansione, accorgendomi di quanto tempo davanti a me, avrei avuto ancora a disposizione se solo ci avessi creduto nel modo giusto e con le competenze giuste. Capisco che è arrivato il momento di rimettermi sui libri, di studiare e dirigere le mie energie in quel nuovo percorso di vita, seppur avessi passato i 35 anni. Sento dentro di me la volontà di costruire una conoscenza nuova, utile a farmi crescere per supportare le persone e svolgerla fin quando ne avessi voluto nella mia vita. Il Mental Coaching è il ramo professionale che scelgo ed inizio il percorso in EKIS. Clicca a sinistra o destra sulle frecce e LEGGI la mia storia. SCRIVIMI a info@andreadevicenzi.it
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Dopo la grande delusione di abbandonare il sogno Olimpico di Rio 2016 a causa dei forti dolori alla schiena, mi attende un anno senza competizioni e grandi imprese, ma non per questo noioso e senza sfide.
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… ci arriverò solo nel 2019, con la DueDue e Katana. Non so come sarebbe andata a finire se le avessi avute nel 2013. Forse sarei potuto arrivare alle Olimpiadi di Rio, forse avrei fatto una delle esperienze più intense della mia vita. Non ho comunque rimpianti. Sono abituato a guardare avanti e a cogliere il positivo dalle cose. Ad imparare da quel che non va per andare oltre. Così è stato anche con il Triathlon e la corsa. Se ci pensate, le stampelle di nuova generazione che uso adesso in fondo sono anche figlie di quella esperienza, di quel fallimento, e di quel limite raggiunto…
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… scelgo di lasciare tutto, anche se devo molto al Triathlon. Intanto, per la prima volta, ho affrontato gare in costume e mi sono reso conto di non avere più alcun tipo di vergogna: sembra una cosa da poco, ma non lo è. E’ il momento in cui mi rendo conto di essermi accettato, sino in fondo, per quello che sono. Un passo in più verso la maturità. La seconda consapevolezza è quella che le stampelle classiche non sono adatte all’attività sportiva e neppure a quella prolungata. La pressione sulla schiena è fortissima, il peso che grava sulle mani nel tempo risulta essere insostenibile. Serve qualcosa in più…
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… bronzo agli europei di Israele, dove vado quasi per caso, argento in Turchia. Vedo, per la prima volta nella vita, la possibilità di andare alle Paralimpiadi. Rio 2016 non è lontana, i risultati ci sono. Nella prova mondiale mi piazzo dodicesimo, ma sento di avere ampi margini di miglioramento. Sono pronto ad affrontare la sfida di qualificazione, mi alleno costantemente per quello ma, qualche giorno prima della gara che avrebbe potuto consentirmi di andare alle Olimpiadi, mi blocco. Un dolore lancinante mi prende la schiena. Il dottore mi dà due opzioni: o smettere e salvare la spina dorsale o proseguire, con tutti i rischi che ne conseguono…
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… i miei compagni di viaggio sono costretti al ritiro, uno dopo l’altro. Le Randonnée sono prove massacranti dal punto di vista fisico e mentale. Affronto la Parigi Brest Parigi con il mio ritmo, senza guardare a quello che fanno gli altri. Il limite massimo di tempo sono le 90 ore e sono convinto di potercela fare. Dormo un paio d’ore e poi torno in sella, fermandomi al volo solo per i bisogni. L’adrenalina mi tiene sempre desto, e negli ultimi 70 km capisco di avercela fatta. Sono il primo atleta al mondo, con una gamba sola, ad averla finita. Sono stravolto dalla fatica, ma felice…
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… ero in un periodo estremamente positivo della mia vita, tanto da aver superato ogni paura e da sentirmi pronto ad ogni sfida. Dopo la Parigi Brest Parigi mi sentivo in grado di affrontare qualunque cosa. All’inizio del 2012 mi propongono di cimentarmi con il Triathlon. Va più che bene, tanto da accettare di mettermi alla prova su tutte e tre le specialità: in bici vado forte, il nuoto non mi piace un gran ché ma me la cavo, la corsa mi mette a confronto con i primi problemi di natura fisica. Correre su una gamba sola mi logora a poco a poco la schiena. Nel primo anno e mezzo cerco di non pensarci, anche perché arrivano i risultati…
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… per partecipare alla competizione francese devo ottenre 4 brevetti. Sui 200, sui 300, sui 400 e sui 600 km. Senza quelli non posso affrontare la Parigi Brest e ritorno. Le gare preparatorie mi fanno acquistare coraggio. Mi rendo conto che il corpo risponde alle sollecitazioni: posso restare in sella e pedalare al mio ritmo costante per 36 ore. Arriva l’inizio dell’agosto 2011. Parto per Parigi con 2 accompagnatori, Simone e Pietro, e con altri due ciclisti, uno paralimpico ed uno normodotato. Ci siamo, decido di far gara da solo…
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… non ho lasciato lo sport. Dopo il sogno sfumato delle olimpiadi di Londra 2012, vengo affascinato dal mondo delle Randonnée. E’ una sfida perché rispetto agli allenamenti precedenti, devo stravolgere tutto. Dall’ora e mezzo al giorno alle 3/4 ore al giorno in sella alla bicicletta. Ritaglio il tempo incastrandolo con il lavoro. Nella testa comincio a pensare che ce la posso fare anche sui lunghissimi percorsi. Devo arrivare ad una classica, mai finita prima da un’atleta con una sola gamba…..la Parigi Brest Parigi…
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… negli anni mi troverò davanti a migliaia di studenti. Ho superato la paura iniziale del pensiero – di quando avevo ripreso la scuola – del come mi guarderanno. Sono in primo luogo io più consapevole di me stesso: mi guarderanno per quel che faccio e per come lo faccio, per quello che riuscirò loro a dare. La soddisfazione più grande è vedere, in ogni incontro, tanti ragazzi che mi pongono domande sul come affrontare particolari vicissitudini della vita. Non voglio dire che la mancanza di una gamba sia un dono. Ma un dono è il far capire che non c’è limite, fisico o mentale, che non possa essere affrontato…
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… siamo a cavallo tra il 2010 e il 2011. Con Luigi e Leonardo vengo coinvolto in un’esperienza che diverrà poi il mio mestiere. In verità non un vero e proprio mestiere perché comincio – dopo un periodo di formazione personale – ad andare in giro a raccontare la mia storia. Può servire ad altri, e può servire in tanti ambiti della vita. C’è sempre un modo per affrontare le cose che accadono, un motivo per mettersi alla prova, una possibilità di crescita. Questo lo comincio a portare in tutti i luoghi dove vado. L’esperienza più bella rimane comunque quella nelle scuole…
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… realizziamo un video dell’avventura e lo mettiamo in rete. Da li a poche settimane ricevo una telefonata di un certo Luigi, vuole che racconti la mia storia personale e il viaggio in India ad un gruppo di persone in Trentino, che lui sta formando. Rimango colpito da questo interesse, e accetto con entusiasmo. Forse quello di cui ero in cerca e mi aspettavo dal viaggio in India stava per arrivare. Così incontro Luigi, vivo questa esperienza ed ecco che approdo per la prima volta nella mia vita in un corso di crescita personale, che da li a pochi anni di diventerà il mio lavoro…
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… 700 km. Il sostegno della gente del luogo. I volti dei bambini. Il pianto liberatorio finale. Ce l’avevo fatta! Sono tornato cambiato, migliorato, ho conosciuto fino a quel momento dove potevo arrivare e capito dove la mia asticella era posizionata, così da poterla poi alzare negli anni successivi. Niente è impossibile. Che tu abbia una o due gambe, l’importante è prepararsi e crederci. Dove non arriva il fisico arriva la mente. Primo amputato della storia, con una sola gamba a percorrere i 700 chilometri del Kashmir: ero io quello, ed avevo compreso che quello sarebbe stato solo l’inizio …
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… sono stati 19 giorni difficilissimi, ma me ne renderò conto solo mesi dopo. Lasciare la famiglia. Cominciare a pedalare. Fare qualcosa esclusivamente per me e al contempo fare qualcosa di straordinario. Una vita in azienda, ore e ore dentro ad un capannone in mezzo all’acciaio incandescente, avevano caricato in me una voglia di evadere. Era tempo che cambiassi vita. Il lavoro, la famiglia avevano fatto tanto per me, ora dovevo fare io qualcosa per me e per le persone che mi erano vicine. Sono stati giorni estremi, dal punto di vista fisico e mentale…
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… 2010. Da diversi mesi la mia preparazione atletica è rivolta alla prima esperienza estrema in sella ad una bicicletta. Sono un folle, ma non un incosciente, tutto va preparato nei minimi dettagli. Sento che posso farcela. La Manali-leh, situata in India e denominata la strada carrozzabile più alta del mondo, che arriva sino a quota 5062 sul KardlungLa, non è mai stata fatta da un atleta amputato. Una sfida con me stesso, in un paese che non conosco, su strade ostiche anche per i mezzi a motore. Ma sono convinto che questa sfida possa “dare il là” ad un diverso approccio con la mia stessa vita …
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… tra le esperienze che ricordo con più gioia ci furono le notti successive alla nascita di Noemi. Furono le prime che passai da solo con mia figlia a casa. Jessica in ospedale ed io a casa ad occuparmi di Giulia, che aveva appena 4 anni. Fu una prova anche quella, una prova non semplice. Dormivamo l’uno accanto all’altra, lei dipendeva esclusivamente da me ed io ero lì solo per lei. Giulia, Noemi e Jessica sono la mia famiglia, la mia forza in ogni momento, il mio primo pensiero e l’energia che ho. Sono un passo fondamentale della mia vita. Quello che sarei diventato è anche – o soprattutto – merito loro…
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… con Jessica ci siamo messi insieme a 16 anni. Poi ci siamo riavvicinati dopo 6 mesi dall’incidente, lasciati ancora e poi rimessi insieme dopo 10 anni. Era destino che le nostre vite s’incrociassero per poi viaggiare all’unisono e per sempre. Abbiamo convissuto per 6 anni prima di sposarci nel 2009. Giulia aveva già 4 anni. Fu una giornata meravigliosa. Il 14 maggio del 2010 nacque Noemi. Fu un parto difficile, e l’ho vissuto – anche io soffrendo – a fianco di mia moglie. Fu dura, ma arrivò Noemi, un tesoro di bambina…
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… ci sono esperienze che ti segnano per sempre. Nel 2005 è nata Giulia. Ricordo il giorno in cui, dopo il turno in Cogeme, arrivai a casa e vidi lo sguardo di Jessica. Non mi disse nulla, ma io capii e l’abbracciai forte. Fu quello credo il giorno in cui scattò il click che da ragazzo mi fece sentire uomo. Jessica partorì in acqua all’Oglio Po. Sono stato con lei in ogni momento. Ricordo quando l’ho presa in braccio. Era mia figlia. Una parte di me. E’ stato uno dei momenti più intensi della mia vita, quella volta ho pianto forte. Ma di gioia…
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… cercavo la libertà. Neppure prima dell’incidente ero quello che aspettava qualcuno per fare le cose. Riscoprii, grazie proprio alla musica, quella parte del mio carattere che mi faceva agire a prescindere. Ero tornato, nella vita, ad essere quello di sempre, anche con una gamba in meno. Quella libertà poi mi sarebbe servita e più forte negli anni successivi nello sport. Senza una gamba, senza più protesi, senza vergogna ero pronto per raccogliere nuove sfide. La musica fu un passaggio importante di quel tempo. E quelle lezioni le porto con me, ancora adesso…
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… i concerti furono l’ennesima occasione per capire che della protesi, in fondo, non avevo bisogno. Per me era più che altro uno scudo. Quando cominciai a spostarmi con continuità, cominciai pure a capire che senza mi muovevo meglio ed avevo molti meno problemi. Devo a quel tempo, di musica e pensieri, in parte quello che sono adesso. Facevo la vita che facevano gli altri, inseguivo le mie passioni, ascoltavo e mi ascoltavo di più. E soprattutto, testardo, non avevo paura anche quando con me non c’era nessuno…
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… la musica mi dava qualcosa, lo sentivo. E non solo quella che facevo io, ma quella che ascoltavo. Nella mia vita ho accumulato più di 200 concerti in giro per l’Italia. Non mi importava con chi andare, l’importante era andare. Con altri o da solo, se mi veniva in mente di mettermi sulla strada prendevo e partivo. Fu una maniera anche quella per capire tante cose di me, per riprendere confidenza col mio corpo. Una scuola di vita insomma. Facevo quello che mi piaceva fare, anche con una sola gamba, ed ero in grado di farcela in ogni caso…
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… la musica è un altro dei capitoli importanti della mia storia. Ho iniziato a suonare la chitarra dopo l’incidente, da autodidatta. Poi, qualche anno dopo, ho voluto imparare a suonare il sassofono. Ascoltavo hard rock, mi piaceva Slash, i Metallica e tutto ciò che comunicava e dava energia. Il tempo ce lo avevo, e mi misi a studiare i suoni prima di capire che avrei dovuto farlo in maniera più seria. La chitarra rimase più che altro un hobby, mentre per il sassofono andai a scuola, e poi al Conservatorio Boito di Parma, dove diedi gli esami da privatista…
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… ricordo il giorno in cui accettai quella sfida. Lo feci a Cesenatico, davanti al monumento dedicato a Pantani. Mi dissi che, in 6 mesi di tempo, sarei calato di 15 kg e che, nel 2008, avendo mantenuto la passione per la bicicletta, avrei partecipato ad una competizione, una gran fondo. Quella sfida la vinsi. Non solo persi quei 15 kg di troppo con il duro allenamento, ma le gran fondo nel 2008 non furono una, ma addirittura 4…
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Ritrovai il sorriso e la consapevolezza che avrei potuto ricominciare a fare. Non ero ancora pronto alle grandi prove, dovevo trasformare tutti quei pensieri in azione.
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… la rinuncia alla protesi non fu semplice ma capii che in fondo quella gamba finta era solo una barriera dietro alla quale mi nascondevo. Una barriera che mi stava limitando. Per rinunciarci avevo dovuto acquisire maggior fiducia in me stesso. Capii che era la strada giusta quando cominciarono a non darmi più fastidio gli sguardi della gente. Quella rinuncia fu un nuovo inizio: l’inguine cessò di farmi male, le distanze, prima limitate, diventarono un dettaglio. Fare sport e lavorare divenne molto più semplice….
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Passarono 7 lunghi anni in cui presi forse una delle decisioni più difficili ma soprattutto più “controtendenza” della mia vita; rinunciare per sempre alla protesi ed affidarmi esclusivamente alle mie stampelle.
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… sei anni, poi arrivò il licenziamento. Riduzione del personale. Tre mesi a casa e poi la chiamata alla Siderimpex. Il colloquio andò bene, tanto che mi proposero di iniziare subito. Chi mi fece il colloquio allora non aveva notato la protesi. Lo ringraziai e gli dissi che quel lavoro non potevo farlo. Mi aiutò comunque ad avere un altro colloquio, e questa volta alla Cogeme. Chiesi di fare quello che facevano gli altri. Ero diventato più forte. Mi misero sul pulpito di laminazione della fonderia, dove sono rimasto per 15 anni…
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… decisi di riprendere gli studi. Oltre allo sport, mi dicevo, devo riprendere una vita normale. Non fu facile. Avevo 18 anni o poco più, tornai a scuola tra 13enni che mi guardavano e mi sentivo a disagio. Raggiunsi il diploma biennale e decisi che mi sarei cercato un lavoro. Un lavoro normale, uno che potessi fare e non un posto da diversamente abile. Avevo la convinzione radicata che avrei potuto fare tutto quello che facevano gli altri. Fui assunto all’Emiliana Parati, a fare un lavoro come tutti gli altri…
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… un anno dopo, ero ancora lì a chiedermi che possibilità avesse un amputato di vivere una vita normale. Un giorno poi, e per caso, ho rivisto il mio fiume e la canoa e qualcosa mi è scattato dentro. Tutti mi dicevano che era impossibile, ma io volevo fortemente tornare su quella canoa, la mia canoa. Forse qualcuno mi prese allora per pazzo, e forse lo ero davvero. Ma quella sfida io la vinsi. Tornai su una strada diversa, il fiume…
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… la mia strada, la mia vita, ripartiva da zero. Me ne resi conto solo qualche tempo dopo aver lasciato l’ospedale perché forse, ancora il punto più basso lo dovevo toccare. Furono giorni difficili, un anno di vuoto. Non capivo cosa fare, non riuscivo a vedere al di là di quella gamba mancante. Prima dell’incidente il lavoro con mio padre andava bene, andavo in canoa, amavo la moto, la strada e la vita. Fu un anno buio e disperato…
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… andavo in canoa, e facevo il piastrellista. Ero 82 kg di muscoli. Il fisico è stata l’altra cosa che mi ha salvato. Ho perso 9 litri di sangue, subito 19 trasfusioni. Sono morto, per 50 interminabili secondi, prima che mi rianimassero. Ricordo la faccia di mio padre, quella dei medici e quella gamba sulla barella. Avevo capito subito che l’avrei persa per sempre. 6 mesi di ospedale a Casalmaggiore, poi 3 settimane a Reggio Emilia e due a Bologna…
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… non ho mai perso conoscenza. Ricordo un ragazzo che, prima che arrivasse l’ambulanza, si era tolto la cintura e me l’aveva stretta forte a quello che restava della gamba per fermare il sangue. Devo a lui la mia vita. Non so neppure il suo nome, ma ne ricordo il volto. Sono stato vigile e cosciente per tutto il tempo. Quell’interminabile tempo coricato sull’asfalto bollente di agosto…
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… ricordo la sensazione fortissima di dolore, il sangue che usciva dalla mia gamba. La gamba. Il ginocchio e parte della muscolatura non c’erano più. La parte inferiore era attaccata alla parte superiore solo attraverso i tendini. Era l’unica cosa che restava. Ricordo il gran dolore, il sangue che usciva e la sensazione che il corpo si stesse, pian piano, spegnendo…
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… era il 28 agosto del 1990, e avevo 17 anni. Uno spostamento in moto come tanti. Mi piaceva percorrere le strade e quel giorno – inconsapevole – stavo per andare incontro al mio destino. Mi stavo spostando verso Viadana a 13 km da casa mia, insieme ad un gruppo di amici. A Cicognara la mia moto incrocia una macchina. Ci sbatto violentemente contro e ad un tratto sono a terra…
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